sabato 2 maggio 2020

Le Statue Parlanti di Roma


Uno dei caratteri distintivi del popolo di Roma è da sempre quello di avere la battuta pronta, in modo simpatico ma anche spiccatamente critico nei confronti del potere centrale.

Avete mai sentito parlare di Pasquino e Marforio? Oppure della celebre Madama Lucrezia di piazza Venezia? Ecco a voi la “Congrega degli arguti”! Oltre ai suddetti ci sono il Babuino e i poco conosciuti Abate Luigi e Facchino.

La storia di queste statue “parlanti” inizia intorno al ‘400, quando già da secoli le classi dominanti, in primis il papa, imponevano con arroganza e corruzione leggi troppo spesso fatte ad hoc per i propri interessi.

Come fare a denunciare questi soprusi senza incorrere nelle ire del potente di turno? Affiggere cartelli satirici rigorosamente anonimi sulle statue poste in punti strategici della città, in modo da poter essere letti da più persone prima di essere rimossi dalle autorità! Ecco così che si forma la cosiddetta Congrega degli Arguti, che vedeva spesso dialogare, con divertenti botta e risposta, Pasquino e Marforio. In piena epoca napoleonica apparve una delle più famose pasquinate di sempre, che vide protagoniste le due statue appena citate: a Pasqui ma è vero che sti francesi so tutti ladri? No Marfò, tutti no, ma Bona-Parte!

Ma chi sono i protagonisti di questa Congrega? Iniziamo a scoprire la figura di Pasquino, l’unico dei sei che ancora “parla” con continuità.


Ritrovata all’inizio del ‘500 durante gli scavi per la pavimentazione stradale e la ristrutturazione di Palazzo Orsini (oggi palazzo Braschi, sede del Museo di Roma), la statua quasi sicuramente faceva parte della spettacolare decorazione dello stadio di Domiziano, oggi coperto da piazza Navona. Per volere di Oliviero Carafa, che si sarebbe stabilito in palazzo Orsini, la statua, seppur in cattivo stato di conservazione, fu sistemata nell’angolo dove ancora si trova oggi.

Grazie alla sua posizione la statua iniziò in breve tempo a “parlare”: nottetempo le venivano appesi al collo fogli con versi satirici volti a colpire i potenti, prontamente rimossi al mattino, quando ormai erano già di dominio pubblico. Ma perché la statua fu chiamata Pasquino? Ci sono varie ipotesi. La prima è che sia stata ritrovata nei pressi di un barbiere chiamato, appunto, Pasquino; secondo altri il nome deriverebbe dallo sfottò di alcuni alunni nei confronti del loro maestro, reo di essere incredibilmente somigliante alla statua; potrebbe anche essere il nome di un oste. Poco importa, l’importante è che da quel momento in poi la vita di Roma e dei suoi potenti fu scandita dalle pasquinate, temute dai personaggi più in vista e adorate dal popolino.

Anche il celebre Trilussa dedicò a Pasquino un sonetto:

«Povero mutilato dar Destino, come te sei ridotto!»
diceva un Cane che passava sotto ar torso de Pasquino

«Te n’hanno date de sassate in faccia!
Hai perso l’occhi, er naso… E che te resta? un avanzo de testa su un corpo senza gambe e senza braccia! Nun te se vede che la bocca sola con una smorfia quasi strafottente…»

Pasquino barbottò: 

«Segno evidente che nun ha detto l’urtima parola»

(Trilussa)

Della congrega fa parte anche il poco conosciuto Abate Luigi di piazza Vidoni, accanto alla chiesa di Sant’Andrea della Valle. La statua, che rappresenta un magistrato, è di epoca tardo-romana e fu rinvenuta in loco, nelle fondazioni di Palazzo Vidoni (area del teatro di Pompeo). Il suo nome deriverebbe dalla somiglianza tra il magistrato e il sagrestano della vicina chiesa del Sudario.


L’epigrafe alla base della statua ci ricorda il suo essere stata parlante:

FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA
CONQUISTAI CON MARFORIO E CON PASQUINO
NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA
EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA
MA QUI VITA NOVELLA E ALFIN SICURA

Vita sicura non troppo, visto che è stato più volte..decapitato! L’Abate parlò l’ultima volta nel 1966, in occasione di una delle decapitazioni:

O tu che m'arubbasti la capoccia
vedi d'ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? come fusse gnente
me manneno ar Governo. E ciò me scoccia.


La più giovane delle statue parlanti, e anche la meno nota, è il Facchino, piccola fontana murata in via Lata. Si trovà lì dal 1874, prima era posizionata sulla facciata principale di Palazzo De Carolis Simonetti in via del Corso (attuale palazzo del Banco di Roma).


La fontana rappresenta una figura maschile mentre versa acqua da una botte. Vista l’ottima fattura, è stata addirittura attribuita al celebre Michelangelo ma in realtà venne realizzata da Jacopino del Conte, nel 1580 circa, per la corporazione degli Acquaroli. L’acquarolo prendeva l’acqua dalle fontane e la rivendeva porta a porta, era quindi una figura fondamentale a Roma prima che i papi rimettessero in funzione gli antichi acquedotti (fine ‘500).

Un’epigrafe presente nell’originaria collocazione dedicava la fontana a un celebre facchino della città, tal Abbondio Rizio:

Ad Abbondio Rizio, coronato [facchino] sul pubblico selciato, valentissimo nel legar fardelli. Portò quanto peso volle, visse quanto poté; ma un giorno, portando un barile di vino in spalla e dentro il corpo, contro la sua volontà morì.”

Via del Babuino deve il suo nome a un’altra famosa statua parlante, il Babuino appunto, oggi addossato alla chiesa di Sant’Attanasio dei Greci. Poco si sa di questo Sileno disteso, che però colpì talmente l’immaginario dei romani da rinominare la via Paolina in via del Babuino, a causa della bruttezza del volto della statua!


Nel 1571 papa Pio V concesse l'utilizzo di alcune once d'acqua del nuovo acquedotto Vergine, appena ripristinato, al palazzo del nobile Alessandro Grandi, su quella che all'epoca si chiamava via Paolina, il quale fece realizzare, in onore del Pontefice, una fontana ad uso pubblico, ponendo la statua ad ornamento della vasca quadrangolare, addossata alla facciata del palazzo. Successivamente il palazzo divenne proprietà dei Boncompagni e nel corso dell’800, a causa dei lavori per la costruzione della rete fognaria, la fontana venne smembrata. La vasca fu riutilizzata per un’altra fontana in via Flaminia, il Sileno venne riposto all’interno del palazzo (divenuto Boncompagni Cerasi). Solo nel 1957 a seguito di una campagna di recupero portata avanti da alcuni cittadini romani, il Sileno è tornato nella via che dalla statua aveva preso il nome, e si trova ora a fianco della chiesa di Sant’Attanasio dei Greci.


Marforio è lo strano nome della statua parlante più loquace dopo Pasquino. Situata nei Musei Capitolini, molte sono le ipotesi sul significato del suo nome. La statua, probabilmente una divinità fluviale, fu rinvenuta nel Foro di Augusto, zona denominata Martis Forum nel medioevo per la presenza dell’antico tempio di Marte Ultore. Marforio sarebbe, quindi, una deformazione del nome latino del luogo.

Un’altra ipotesi fa derivare il nome dalla famiglia Marfoli o Marfuoli, che aveva possedimenti presso il Carcere Mamertino. Celebri sono i dialoghi con Pasquino, come già ricordato.

C’è anche una donna all’interno della Congrega degli Arguti, l’imponente Madama Lucrezia, accanto alla Basilica di San Marco in piazza Venezia. La Madama è un busto di epoca romana, alto circa 3 metri dall’identità incerta. Il nodo che ha sulla veste, ci consente di identificarla con la dea Iside o una sacerdotessa del culto isiaco.


Ma perché Madama Lucrezia? Secondo la tradizione il busto sarebbe stato donato a Lucrezia d’Alagno, l’amante del re di Napoli Alfonso V d’Aragona. Alla morte di quest’ultimo Lucrezia sarebbe scappata a Roma e si sarebbe stabilità in una casa nei pressi della sistemazione odierna della statua. Una simpatica tradizione è legata a questa statua: alla Madama tutti dovevano portare rispetto, quindi chi le passava davanti doveva inchinarsi e togliersi il cappello per avere una giornata propizia. I monelli del rione facevano a gara per far rispettare questa usanza... i cappelli venivano tolti con precisi colpi di fionda, mentre gli inchini erano assicurati da monete lasciate a terra ma legate a fili che ne consentivano l’immediato recupero!

Cosa rimane oggi delle Congrega? Tante pasquinate, tanta storia e simpatiche tradizioni, non dimenticando che con i social ognuno di noi può, nel suo piccolo, diventare Pasquino!

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